Quando pensiamo alle dipendenze la prima cosa che ci viene in mente sono le sostanze psicotrope (ovvero quelle che agiscono sul nostro sistema nervoso), come le droghe. In realtà questa è una piccolissima parte di quello che rappresenta il settore, molto ampio, delle dipendenze.
Le dipendenze possono essere con sostanze (es.):
Le dipendenze possono essere senza sostanze:
Al giorno d’oggi questa seconda categoria è quella più corposa e di maggiore allarme sociale, poiché rientrando nella cosiddetta “normalità”, silenziosamente ci ruba un pezzetto alla volta della nostra libertà, senza che ci facciamo caso. In aggiunta, sempre più bambini e adolescenti si trovano ad essere dipendenti da internet, dai videogiochi e dalla tecnologia in genere. Questo purtroppo è anche il frutto di pessime abitudini date dai genitori sin da piccolissimi (es. vedere un cartone, un giochino, internet mentre si è al ristorante per far mangiare e star buono il bambino). Avremo modo di approfondire questo discorso in un’altra trattazione.
Tornando al concetto di “dipendenze” nel senso classico del termine, il DSM 5* fa una distinzione fondamentale tra:
Oltre a quella che definiamo dipendenza da sostanze, ci sono le dipendenze senza sostanze o anche definite dipendenze comportamentali. La ricerca ha evidenziato come il meccanismo che interviene in quest’ultime è lo stesso delle dipendenze da sostanze (craving, assuefazione, tolleranza ed astinenza), in quanto, allo stesso modo, va a coinvolgere il “circuito neuronale della ricompensa”. Quindi, con le dovute specifiche, le possiamo trattare allo stesso modo.
Nell’ambito delle dipendenze, proprio per la complessità e la compromissione, il trattamento deve essere per forza multidisciplinare. Maggiore è la gravità e maggiore deve essere l’integrazione di interventi tra le varie figure professionali. Il S.E.R.T. è il riferimento territoriale principale, dove oltre l’aspetto farmacologico spesso vi è la possibilità di accedere a terapie di gruppo per pazienti e familiari. A questo è bene integrare una psicoterapia individuale (e/o familiare in base ai casi) in modo da lavorare più in profondità su quelli che sono i meccanismi di mantenimento del problema. Di particolare spicco nel settore delle dipendenze patologiche c’è la psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT) che considera il comportamento da dipendenza come un “coping maladattivo” (ovvero una strategia non funzionale per la risoluzione dei problemi) appreso all’interno di una specifica storia familiare e/o in un determinato ambiente socio-culturale. Il trattamento sarà quindi volto a modificare l’associazione “sostanza = piacere” attraverso delle tecniche ed esercizi specifici che permettono al paziente e ai familiari (quando necessario) ad essere parte attiva del cambiamento. In seconda battuta si andrà a lavorare su tutti gli aspetti di vulnerabilità individuale e ambientale che hanno facilitato la comparsa di questa problematica.
Quando la dipendenza è molto grave, con un’assoluta mancanza di controllo e una situazione di pericolo può essere indicato effettuare un percorso in una comunità terapeutica.
Dr.ssa Sara Appoloni
Psicologa Psicoterapeuta a Pesaro