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Dipendenze con o senza sostanze

Dr.ssa Sara Appoloni - Psicologa Psicoterapeuta a Pesaro

Dipendenze con o senza sostanze

Quando pensiamo alle dipendenze la prima cosa che ci viene in mente sono le sostanze psicotrope (ovvero quelle che agiscono sul nostro sistema nervoso), come le droghe. In realtà questa è una piccolissima parte di quello che rappresenta il settore, molto ampio, delle dipendenze.
Le dipendenze possono essere con sostanze (es.):

  • alcol,
  • nicotina,
  • droghe,
  • farmaci.

Le dipendenze possono essere senza sostanze:

  • gioco d’azzardo patologico,
  • internet,
  • videogiochi,
  • social network,
  • cellulare,
  • shopping,
  • sesso,
  • dipendenza affettiva.

Al giorno d’oggi questa seconda categoria è quella più corposa e di maggiore allarme sociale, poiché rientrando nella cosiddetta “normalità”, silenziosamente ci ruba un pezzetto alla volta della nostra libertà, senza che ci facciamo caso. In aggiunta, sempre più bambini e adolescenti si trovano ad essere dipendenti da internet, dai videogiochi e dalla tecnologia in genere. Questo purtroppo è anche il frutto di pessime abitudini date dai genitori sin da piccolissimi (es. vedere un cartone, un giochino, internet mentre si è al ristorante per far mangiare e star buono il bambino). Avremo modo di approfondire questo discorso in un’altra trattazione.

Tornando al concetto di “dipendenze” nel senso classico del termine, il DSM 5* fa una distinzione fondamentale tra:

  • Disturbi da uso di sostanze: sono caratterizzati da un insieme di sintomi fisiologici, cognitivi, comportamentali causati dall’utilizzo prolungato della sostanza, per cui l’assuntore continua a utilizzarla nonostante i significativi problemi che questa gli genera. Questo avviene perché l’uso di sostanze comporta una modificazione dei circuiti neurali legati al “sistema della ricompensa”, per cui vi è un rilascio di dopamina nel nostro cervello, che ci dà una sensazione immediata di piacere e benessere. La sostanza viene quindi associata al piacere e questo è il meccanismo che porta alla ricaduta, poiché vi è un’intensa sensazione di craving quando la persona viene esposta a stimoli correlati a quel tipo di sostanza. Per craving si intende il desiderio persistente e irrefrenabile per quella sostanza o sostanze simili. In condizioni come questa viene meno il controllo, quindi la persona può assumere la sostanza per periodi più lunghi di quanto vorrebbe, usando una condotta anche rischiosa, non riesce a farne a meno e tutti gli sforzi fatti per ridurne l’uso sono del tutto infruttuosi. Una buona parte della sua vita è dedicata al procurarsi la sostanza per evitare i sintomi di astinenza o a ristabilirsi dai suoi effetti. Inoltre, per ottenere l’effetto desiderato nel tempo si aumenta il dosaggio, poiché si crea tolleranza, una sorta di abituazione a quella sostanza, per cui la dose abituale a lungo andare dà sempre minor effetto. Tutto questo ci spinge sempre più dentro il meccanismo della dipendenza tanto da generare una compromissione del funzionamento sociale in aree importanti della vita (lavoro, relazioni, famiglia).
  • Disturbi indotti da sostanze: questa categoria comprende intossicazione, astinenza e altri disturbi mentali indotti da sostanze/farmaci (es. disturbo depressivo o disturbo psicotico indotto da sostanze).

Oltre a quella che definiamo dipendenza da sostanze, ci sono le dipendenze senza sostanze o anche definite dipendenze comportamentali. La ricerca ha evidenziato come il meccanismo che interviene in quest’ultime è lo stesso delle dipendenze da sostanze (craving, assuefazione, tolleranza ed astinenza), in quanto, allo stesso modo, va a coinvolgere il “circuito neuronale della ricompensa”. Quindi, con le dovute specifiche, le possiamo trattare allo stesso modo.

Come intervenire nelle dipendenze patologiche?

Nell’ambito delle dipendenze, proprio per la complessità e la compromissione, il trattamento deve essere per forza multidisciplinare. Maggiore è la gravità e maggiore deve essere l’integrazione di interventi tra le varie figure professionali. Il S.E.R.T. è il riferimento territoriale principale, dove oltre l’aspetto farmacologico spesso vi è la possibilità di accedere a terapie di gruppo per pazienti e familiari. A questo è bene integrare una psicoterapia individuale (e/o familiare in base ai casi) in modo da lavorare più in profondità su quelli che sono i meccanismi di mantenimento del problema. Di particolare spicco nel settore delle dipendenze patologiche c’è la psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT) che considera il comportamento da dipendenza come un “coping maladattivo” (ovvero una strategia non funzionale per la risoluzione dei problemi) appreso all’interno di una specifica storia familiare e/o in un determinato ambiente socio-culturale. Il trattamento sarà quindi volto a modificare l’associazione “sostanza = piacere” attraverso delle tecniche ed esercizi specifici che permettono al paziente e ai familiari (quando necessario) ad essere parte attiva del cambiamento. In seconda battuta si andrà a lavorare su tutti gli aspetti di vulnerabilità individuale e ambientale che hanno facilitato la comparsa di questa problematica.

Quando la dipendenza è molto grave, con un’assoluta mancanza di controllo e una situazione di pericolo può essere indicato effettuare un percorso in una comunità terapeutica.


Dr.ssa Sara Appoloni
Psicologa Psicoterapeuta a Pesaro


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